giovedì 5 gennaio 2023

COUNSELING AD APPROCCIO SISTEMICO FAMILIARE


 

L’applicazione al counseling del modello sistemico ha inizio a partire dagli anni ’60 con influenze del pensiero umanistico e gestaltico, cibernetico e strutturalista.  Il counseling sistemico si svolge sempre contestualmente alla situazione biologica,antropologica, sociale, politica, storica, dove l’interazione o la reciprocità degli elementi del sistema -punteggiate da credenze e comportamenti individuali- è sempre al centro del processo di counseling.

Questo indirizzo osserva le transazioni tra diversi livelli: individui - gruppi - sistemi - reti di sistemi. Il focus è sull’interazione, la circolarità, e il grado di accordo psicologico e sociale (equilibrio tra capacità/aspettative dell’individuo e richieste/risorse della rete sociale), dei diversi livelli.

Le situazioni sociali complesse, critiche che si evolvono in conflitti, conducono aspetti problematici che possono essere affrontati sviluppando risorse sistemiche poiché ogni crisi deve essere accolta come opportunità di transizione e occasione di cambiamento.

Nella teoria sistemica l’accento primario viene posto sull’importanza della famiglia come sistema primario, in cui il comportamento individuale si riflette come reazione alla struttura sociale del “sistema famiglia”. La qualità della vita di una persona nonché la sua salute biologica, fisica e psicologica è profondamente correlata al funzionamento ed ai processi della famiglia in cui vive.

Freud già mostrava interesse sui meccanismi e i fattori familiari che provocano disfunzioni emozionali, i problemi fobici del piccolo Hans (Freud 1908-Il Caso del piccolo Hans) furono affrontati dallo psicoterapeuta allenando il padre a porre domande al figlio durante il trattamento (Freud vide il piccolo paziente una sola volta), un metodo non molto lontano da quello che un moderno terapeuta familiare potrebbe proporre.

Interesse ed attenzione al tema familiare furono posti anche da Adler per la diagnosi e i trattamento delle emozioni nei bambini (Adler 1931),dove ipotizza che padre e madre non dovrebbero distanziarsi troppo nello stile educativo del figlio cosicché  il bambino possa interiorizzare il concetto di cooperazione che potrà poi riprodurre all’esterno della famiglia e sviluppare con un adeguato sentimento sociale.

La famiglia come correlata al benessere emozionale dei suoi membri ha attraversato interpretazioni diverse. Da un periodo in cui i problemi emozionali dell’individuo erano percepiti come difetti neurologici o morali in cui la famiglia era vittima del componente disfunzionale a quando i modelli psicologici videro la famiglia come causa di carenze educative.

Sollecitati dall’evoluzione socioculturale del dopoguerra e insoddisfatti circa i risultati delle pratiche terapeutiche in psichiatria e psicoanalisi, alcuni terapeuti avevano cominciato a porre sotto osservazione il gruppo sociale con cui il paziente psichiatrico era in relazione, primariamente la famiglia, e a trattare i problemi psichiatrici come espressione di una disfunzione nelle relazioni familiari. I ricercatori avevano spostato l’interesse sulla sfera sociale per una crisi delle istituzioni e l’aumento delle malattie mentali, spostano l’attenzione sulla “struttura che connette” (Bateson, 1979) i diversi settori della conoscenza (dalle scienze matematiche/ naturali a quelle umane); introducono un modello di “causalità circolare” e studiano i sistemi in quanto «totalità organizzate».

Infatti negli anni ’50 in America e più precisamente: si avvicendano psicoanalisti come Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Bowen, Whitaker (New York, Filadelfia); e ricercatori e clinici sistemici come Bateson, Watzlawick, Jackson, Haley (California, Palo Alto). Gli studi erano costruiti sull’osservazione di pazienti psichiatrici ospedalizzati, nell’interazione con le loro famiglie;  soprattutto gli studiosi del West Coast  (California, Palo Alto) guardano l’applicazione delle scienze tecnologiche ai sistemi umani, in particolare al modello cibernetico.  Nascono qui i concetti di modelli cibernetici (attraverso lo studio sviluppo e applicazione in psicoterapia familiare di concetti quali: sistema, feedback, varietà, vincolo, entropia, informazione, circolarità, auto-organizzazione, omeostasi, morfogenesi)  e la Teoria Generale dei Sistemi, così come formulata da Von Bertalanffy (1968); inoltre si agganciano alle Teorie della Comunicazione ed alla Teoria del Doppio Legame (incongruenza tra livello verbale e non verbale)

Attualmente i progressi della psichiatria biologica e della neuropsicologia considerano la schizofrenia o la depressione come origine/causa genetica e riconoscono alla famiglia che il disturbo prolungato provoca stress a livello sistemico; altri approcci sistemico-fenomenologici guardano al disturbo del singolo come un disagio sistemico che si regge sull’elemento malato.

Qualsiasi sia l’attenzione posta al metodo il focus prima concentrato sull’elemento singolo portatore di disturbo si sposta sull’interazione sociale coinvolgendo le persone circostanti in cui il Sistema (il tutto) è maggiore della somma delle sue parti ; nella “Teoria generale dei sistemi”  Von Bertalanffy (anni ’30) seguendo il filone della psicologia relazionale statunitense degli anni ’50 che introduce un approccio interdisciplinare ai problemi delle persone, afferma che “ogni organismo è un sistema” le cui parti sono sempre in interazione reciproca, per cui ogni fenomeno non può essere considerato la somma delle sue parti scomponibili (causa-effetto) ma deve essere letto in una prospettiva globale e olistica.                         Ogni componente del sistema è interconnesso con l’altro e avrà influenza ed effetto sull’altro in tutto ciò che gli accade. Solo così diventa possibile accedere e leggere il funzionamento di ogni elemento e le dinamiche del sistema che sottostanno alle relazioni affettive di ciascuno. In questa prospettiva la famiglia viene vista finalmente come un'entità complessa che possiede caratteristiche, regole e precetti propri su cui modella se stessa e gli altri membri.

La Teoria dei Sistemi si sviluppa studiando il modo in cui i componenti di un insieme sono in relazione tra loro e caratterizzano la loro organizzazione. Ogni cambiamento che intercorre nelle relazioni del sistema può ampliare o diminuire la tensione, nel momento in cui un membro dello stesso cambia equilibrio disattendendo norme, regole e tradizioni o quando sviluppa sintomi biopsicologici che necessariamente coinvolgono ogni altro membro della famiglia.

Gregory Bateson con i suoi colleghi tra il 1950 e il 1960 definirono la famiglia come un sistema dinamico di relazioni interdipendenti, grazie ad uno studio condotto sui modelli (pattern) di comunicazione familiare. Antropologo studioso di cibernetica,di etologia, di evoluzione ed ecologia era interessato non tanto ad una terapia da applicare ma alla scienza della comunicazione e dell’interazione tra parti di uno stesso sistema. Insieme ad  John Weakland e Jay Haley studiò a lungo i pazienti schizofrenici nell’ospedale di palo Alto ed elaborò il concetto di “doppio legame” (dove il messaggio esplicito di una comunicazione viene contraddetto da quello implicito o meta messaggio) per descrivere la “vittima che nella famiglia riceve messaggi contraddittori. In passato il doppio legame era considerato un fattore familiare determinante la schizofrenia dei bambini, questo atteggiamento impedisce una fuga dal campo chiedendo anche una risposta: “se non obbedisci a ciò e al contrario di ciò sarai punito”, qualsiasi sia la scelta vi sarà una punizione con il risultato di esperire ansia, frustrazione, confusione, scarsa capacità di fronteggiare situazioni problematiche o stressanti (scarsa capacità di coping).

Questo approccio però guarda soltanto le sequenze dei comportamenti che precedono e seguono il sintomo annullando la dimensione temporale, esiste solo il presente e si trascura la storia dell’individuo e della famiglia. Il qui ed ora è sicuramente importante come lo sono però anche i modelli multidimensionali o trans generazionali.

“La famiglia è un organismo vivente che si sviluppa e adatta costantemente all’ambiente che cambia” (S.Minuchin, 1972, Manuale di Terapia della Famiglia). Concetto centrale, che il counseling sistemico tiene presente nel suo approccio è che le persone pur se dipendenti da un gruppo di riferimento sono altresì libere di rispondere in modi diversi agli stimoli ambientali. La famiglia dovrebbe essere il centro di sviluppo dove l’individuo può essere dipendente o autonomo e dovrebbe avere una funzione di sostegno educazione e socializzazione, in quanto sistema socioculturale aperto che si adatta continuamente ai cambiamenti interni ed esterni.

La famiglia diviene disfunzionale (Minuchin 1980) quando impedisce la capacità di adattamento e rimane in un comportamento stereotipato atto a mantenere inalterato il sistema, non riconosce cioè la possibilità di modificare quei modelli relazionali che cessano di soddisfare i suoi membri, al contrario tende per inerzia ad aderire a modelli obsoleti, in cui comportamenti alternativi sono percepiti come minaccia alla struttura familiare e quindi rifiutati. Vi è un “evitamento del conflitto” (quando in una transazione due persone evitano di provocare a se stesse ed all’altro il dolore di una soluzione); un invischiamento, l’iperprotettività, la rigidità e l’incapacità di affrontare le differenze per contrattare una soluzione, dove il sintomo serve a deviare i membri dal vero conflitto. Afferma anche che il sintomo assolve alla funzione omeostatica del sistema e, al tempo stesso, è anche una spinta al cambiamento; ciò significa che mentre la famiglia ne facilita la comparsa, contemporaneamente il sintomo tende a mantenere in vita le sue caratteristiche disfunzionali.

D. N. Stern sostiene nel suo libro “ Il momento presente in psicoterapia e nella vita quotidiana” (edito nel 2003 e tradotto in italiano nel 2005) che l’intersoggettività (la coscienza intersoggettiva richiede due menti: un soggetto ha avuto un'esperienza ed essa viene sentita direttamente, attiva la medesima esperienza in un altro soggetto grazie la condivisione intersoggettiva, siamo alle soglie dei neuroni specchio che sono stati scoperti dopo la pubblicazione del libro), è un sistema motivazionale innato ed essenziale alla sopravvivenza della specie, non meno importante rispetto alla sessualità o all’attaccamento. Così come il bambino per assicurarsi la sopravvivenza alla nascita fa di tutto per ricercare e garantirsi una prossimità fisica, una vicinanza con il caregiver, parallelamente è capace di agganciarsi alla mente del caregiver provocando un cambiamento nelle risposte dell’adulto: la sintonizzazione degli affetti prende il posto dell’imitazione. Mentre l’imitazione mantiene il focus dell’attenzione sul comportamento esterno, i comportamenti di sintonizzazione sono necessari per spostare l’attenzione verso l’interno, verso la qualità del sentimento che viene condiviso (Stern 1984). Secondo Stern il sintomo del bambino può essere letto come il segnale d’allarme di un disagio profondo in tutti i membri della famiglia, in termini di funzionalità all’interno del sistema emozionale della famiglia, come catalizzatore su di sé della tensione in un momento particolarmente rischioso per la stabilità dell’intero gruppo allo scopo di mantenere stabile e coeso il gruppo stesso.

Ackerman (Ackerman N. W., 1988) uno di pionieri della terapia familiare, sostiene che un modo per mantenere inalterata una struttura familiare disfunzionale è quello di scegliere un suo componente e farlo diventare “il problema”. È lui che conia la metafora del bambino come “capro espiatorio” della famiglia, ipotizzandone il ruolo patogenetico e considerando il bambino che manifesta la sofferenza come la vittima di un contesto familiare disfunzionale. La famiglia per lui diventa come una “membrana semipermeabile” dove avvengono scambi selettivi costanti e continuativi nel tempo, intra ed extra involucro. Ackerman anche se risente del modello psicoanalitico per la lettura delle relazioni familliari, introduce una prospettiva intergenerazionale ancorché influenzata dal contesto. I processi inconsci familiari si riversano in una sintomatologia dell’individuo scelto appunto come “capro espiatorio”, il soggetto coinvolto per adattarsi al disgregarsi delle regole, dei legami e anche della stessa stabilità emotiva degli individui della famiglia, come meccanismo di difesa adotta l’introiezione intrapsichica del conflitto; quindi la strategia sarebbe il recupero del conflitto intrapsichico per portarlo a livello relazionale.

 

Il genogramma familiare introdotto da Murray Bowen (Teoria Generale dei Sistemi: teoria sullo sviluppo

della famiglia e del suo funzionamento attraverso le generazioni) diventerà la mappa trigenerazionale della famiglia, all’interno del quale osservare la composizione della stessa nell’arco di almeno 3 generazioni, con gli eventi più significativi (nascite, morti, legami, separazioni). Il genogramma è uno strumento di grande efficacia per il counselor sistemico che può avere nel qui e ora una fotografia dell’andamento familiare, una istantanea diretta, senza mediazione cognitiva da parte del cliente/utente.

 

Le lealtà invisibili di Ivan Boszormenyi-Nagy  che permeano la dimensione relazionale della famiglia. Integra lo sviluppo individuale con le dimensioni esistenziali, sistemiche ed intergenerazionali della vita familiare. Lo studioso sostiene che ogni membro ha una posizione nel sistema familiare che comporta obblighi, impegni e meriti. Rispettare il valore e l’importanza di ognuna di queste istanze determina il benessere o meno dell’intero gruppo. Esercitare una “lealtà” verso le norme della famiglia consente ad ogni componente di legare la propria vita a quella dei contemporanei, degli antenati e di trasmetterla alla posterità. Contrastare o sovvertire gli obblighi della famiglia può generare un senso di colpa insostenibile, esteso e apparentemente non comprensibile, perfino dell’esistenza stessa.

 

Guardando ad un ottica pluralistica integrata, il counselor sistemico può guardare a questi autori ed ai loro modelli riassumendo le singole posizioni in un ottica in cui la soggettività individuale non sia mai messa tra parentesi, dove l’individuo si trova sollecitato a riparare antichi tagli emozionali, per ricomporsi o  differenziarsi da legami di dipendenza tra le diverse generazioni, in modo da poter vivere pienamente il presente e le relazioni del momento in un modo autentico, non più trattenuto da ostacoli, proibizioni, mandati e copioni intergenerazionali.

Il counselor sistemico, si adopera per facilitare il cambiamento nel rispetto dell’individualità di ogni membro familiare cercando di coinvolgere la collettività (in questo caso la famiglia) in una relazione empatica ed accogliente in modo da poter favorire il riconoscimento degli aspetti disfunzionali dei modelli e degli stili di comportamento. Il fatto ad esempio che alcuni counselor sistemici preferiscano strutturare i primi incontri soltanto con la coppia genitoriale, comunica loro che la forza e la struttura del sistema sono fondati su questa diade padre madre, in cui successivamente potranno essere inclusi anche i figli; altri counselor sistemici preferiscono inserire immediatamente sin dai primi incontri la prole, soprattutto nelle coppie altamente disfunzionali proprio per equilibrare l’interazione. Spesso il counselor sistemico e la famiglia scelgono una serie di obiettivi funzionali che diventano il centro delle attività della relazione, anche se la maggior parte delle famiglie che si avvicinano al counseling ha già attribuito la responsabilità ad un elemento preciso della famiglia il cosiddetto “paziente designato”.

Si arriva alla fine del percorso quando tutti i membri avranno appreso metodi di comunicazione efficaci e soprattutto congruenti, insegnando ai familiari che essi sono responsabili delle loro azioni e che possono determinare il loro comportamento futuro senza necessariamente sottostare ai modelli passati, consapevoli che i ruoli disfunzionali possono essere trasformati in altri più adattivi e funzionali.

 

 

 

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sabato 20 marzo 2021

Mettere la mente in uno spazio sacro con gioia e congruenza di Mariacristina Guardenti

 

Quando arriva una crisi come quella che ci ha colto impreparati in questa primavera del  2020 compromette regole che fino a questo momento sono sembrate stabili disponendo la quotidianità del procedere nella Vita, diversamente da come noi la svolgevamo e portandoci ad un continuo rivalutare ciò che realmente ci possiamo concedere, portandoci ogni giorno a constatare le plurime separazioni: sociali  intrapersonali, affettive, amicali, lavorative e da vecchi statu quo.

Tale rottura della normale routine che ci ha mantenuto fino ad adesso in una apparente “normalità” (che in parte aveva perduto alcuni valori)   insegna, informa e porta nuove disposizioni e nuovi ordini nella nostra Vita e nella Natura.

Avendo perso quel senso di affidamento verso la saggezza atavica che da secoli ha insegnato l’impermanenza delle situazioni, dei significati, delle persone, la normalità dello stare, semplicemente “stare” non assume più alcun valore per la società di oggi così globalizzata e globalizzante “liquida”, come asserisce Zygmunt Bauman.   Nell’apprendere l’idea di modernità si è costituito un concetto di velocità sociale, con continue e affannose corse che hanno reso inadeguati i passati ritmi familiari e lavorativi, esponendoci precariamente verso una “cultura della fretta”.  L’attuale pensiero globalizzante non ha tenuto conto delle reazioni individuali di questo momento storico che vanno dall’indifferenza -figlia della negazione stessa della minaccia-,  alla paura incontrollata -che sfocia in comportamenti poco razionali-,  fino alla paralisi totale -generata dal profondo senso di abbandono da pensieri nefasti continui e da inconsci sensi di colpa-.

Non voglio entrare in merito alle statistiche epidemiologiche o alle varie dissertazioni degli esperti, ne sono pieni tutti i canali mediatici  ufficiali e no. Se avrete la pazienza di seguirmi ancora un poco nella lettura di questo articolo vorrei parlare della possibilità di tramutare ognuno di noi in un “rivoluzionario eretico” che volto alla ricerca della libertà personale ( visto che quella fisica ci  è stata tolta), si faccia promotore di un movimento individuale di  cambiamento. L’obiettivo è in direzione di una franchigia esclusiva ed interiore  nata per necessità e che porta oltre il concetto di tempo e oltre il sentore di morte che imperversa nel mondo. Una libertà che ricostruisce e completa la nostra crescita interiore rendendoci liberi.

Ciò che noi siamo attualmente, ha un misero e insoddisfacente significato se confrontato alle esigenze della totalità degli abitanti della terra; questo dovrebbe provocare in noi un profondo sussulto affinché possiamo adempiere con tenacia ad una investigazione strategica di nuove soluzioni che ci aiutino ad uscire da questa situazione di stallo. Noi tutti dovremmo poter essere veramente gli unici padroni di noi stessi, gli unici detentori dei limiti personali sociali ed ecologici, dove la crescita nella ricerca di continui e intelligenti adattamenti può farci autonomi, rispetto al tumulto di emozioni che obnubila o ottunde i nostri pensieri e svincolati dal caos generale che ci attornia. Non potendo isolarci su un monte o in prossimità di un paese esotico, la strategia impone ed esige  che restiamo presenti a noi stessi pur confinati nei nostri luoghi, siano essi case o appartamenti, soluzionando nuove tattiche di adattamento.

Ecco che diviene importante la possibilità di fare qualcosa di molto importante per noi stessi perché abbiamo la necessità di strutturare il tempo in un QUI e ORA proficuo, proprio in virtù del fatto che il tempo che possiamo esprimere su questo piano fisico è prezioso in ogni suo istante. Tempo che si avvale di una dimensione interna carica di significati diversi per ogni individuo, anche se il gestire la propria vita adesso richiede di apprezzare ogni piccolo gesto e alienare la superficialità in ognuno di noi.

La dimensione interiore può salvarci da questo periodo di forzato isolamento sociale dato che è adatta principalmente a coloro che amano l’azzardo e sono in grado di rischiare per pervenire a quella “pienezza straripante di presenza” sostenuta efficacemente da una coscienza interiore nella speranza che ognuno di noi si esponga come attore principale del personale copione di vita, oltrepassando la soglia del possibile ed esplorando il mondo interiore al di là del consentito, nel luogo in cui la “trasgressione” ci consente nuove risposte al vuoto e alla noia.   

Continuare a fare calcoli, soppesare la situazione, ascoltare notizie allarmanti porta il nostro cammino ad appesantirsi e i nostri passi a diventare piombo. Con la mente impegnata senza sosta nell’agitazione e nella pesantezza dei pensieri ricorrenti, nel  chiacchiericcio interiore dove le idee sono concetti smorti o assenti di vitalità ed energia, perdiamo forza e vigore. Allora il sopravvento diventa dominio della paura e la paura piuttosto che sostenere un processo di risanamento semmai intensifica i disturbi anche fisiologici. Ecco che diventa vitale in questa occasione rivolgersi con gentilezza verso la nostra mente, per portare riposo e condurla nella capacità di riacquistare uno stato d’animo più tranquillo.  Adoperiamoci  a fare poesia con la vita di ogni giorno.

Una mente sempre al lavoro notte e giorno, focalizzata sulle problematiche e senza via d’uscita sarà stanca, svogliata, inappetente di idee creative e soprattutto sorda, sorda alla bellezza della Vita. Se potessimo far tacere la mente come spesso a fatica riusciamo con la nostra bocca,  soprattutto quando non è necessario che sia così pressante e presente, allora si verificherebbe un prodigio di quiete silenzio e pace impensati, resi ancor più belli da questo evento inaspettato e travolgente proprio perché inatteso.

Importanza fondamentale assume il “contatto” emotivo interno mai effimero or ora declinato in senso introspettivo, una vicinanza interna con noi stessi che ci permetta di essere al contempo vulnerabili e resilienti al fine di poter affrontare le differenti criticità del momento.

Anche l’ascolto, il sostegno e il conforto reciproci o affidati ad una persona di fiducia, sono  risolutivi per fronteggiare “l’ansia anticipatoria”, particolare tipo di stato emotivo che tende a bloccare l’essere umano tramite l’attivazione di un sentimento sottostante di paura, che se protratta per un tempi eccessivamente lunghi mette in allerta il sistema neurovegetativo e riverbera negativamente nel quotidiano sommandosi all’angoscia prodotta della convinzione di una impossibilità a modificare lo stato attuale delle cose.

In realtà le cose si possono trasformare grazie anche a strategie di coping (risorse e strumenti che permettono di riorganizzare pensieri e azioni su nuove prospettive personali).  Si possono ad esempio stabilire nuove routine in virtù del fatto che ciò che è noto e prevedibile ricopre una funzione rassicurante rispetto alle incognite o alle incertezze del momento. A livello antropologico sappiamo che, fin dalla notte dei tempi, i rituali sono comportamenti codificati e ripetitivi che vengono utilizzati per esorcizzare la paura di tutto ciò che è incontrollabile e imprevedibile;  ecco che  il sorriso, il saluto,  la cortesia, segnalando le proprie intenzioni di relazione pacifica non sono mai banali, diventano pressoché necessari in questo momento in cui è essenziale esperire un nuovo modo di agire dandoci l’opportunità di rimodulare la distanza che ci separa per offrire vicinanza.

Ricordiamoci anche di coloro che in questo momento stanno attraversando un periodo di indigenza materiale ed economica e che possiamo aiutare senza porci in una situazione di superiorità ma con affetto e fratellanza. Ci sono diversi modi per sostenere le persone che conosciamo e che hanno un momento di difficoltà (non potendo aiutare tutti il sostegno sarà indirizzato a chi vicino a noi palesa delle ristrettezze) . Basta usare il cuore e modalità che non rendano chi ha bisogno in obbligo di sdebitarsi o lo facciano sentire inferiore. Non ardisco dilungarmi sulle modalità che di sicuro ognuno di noi conosce e mette in atto silenziosamente.

È utile sottolineare (alcuni già lo avranno constatato di persona) che  la ricerca compulsiva e spasmodica di informazioni a favore di fonti autorevoli e verificate per venire incontro al fabbisogno informativo atto a regolamentare il livello di incertezza,  consente di risparmiare tempo,  tempo che potrà essere dedicato ad esempio all’allenamento fisico, ad attività distensive e creative o alle diverse metodiche di rilassamento in rete si possono trovare diversi programmi ideati ed organizzati per questo scopo.

L’auspicio personale del dopo emergenza riguarda una speranza: che questa esperienza possa tradursi in una nuova vitalità non solo economico-politica ma soprattutto sociale, dove l’uomo possa nuovamente incontrarsi e condividere con maggiore consapevolezza le risorse materiali e immateriali a sua disposizione, assaporando con gratitudine la vita, nel rispetto di tutti gli esseri che popolano questo mondo,  comprendendo di avere poca influenza sulle forze della Natura che è Madre e non matrigna e ci abbraccia con grande tolleranza.

LA PREVENZIONE PRIMARIA INTEGRATA di Mariacristina Guardenti

Prevenzione Primaria condizione necessaria e fondamentale per ridurre l’incidenza di malattie, prevalentemente croniche, responsabili di disagi non solo individuali ma anche familiari. Innanzitutto vi è la questione legata alla definizione stessa di salute, condizione destinata ad essere apprezzata maggiormente in maniera percettiva (più soggettivamente che oggettivamente), la salute è stata considerata specialmente come “lo stato in assenza di malattia” definizione semplicistica e tutto sommato “deresponsabilizzante” e liberatoria. Fornire una definizione di salute per esclusione è riduttivo e scientificamente non adeguato, anche in relazione alle diverse variabili in grado di interferire con lo stato di salute dell’individuo, basti pensare alle diverse condizioni ambientali in cui opera la vita di un individuo o di una comunità o le dinamiche relazionali interindividuali.

Si è giunti pertanto all’inizio del terzo millennio, in considerazione delle nuove conoscenze socioculturali, ad un particolare concetto di salute, non meramente legato alla sopravvivenza fisica o all’assenza di malattia, ma inglobante anche gli aspetti psicologici e mentali, le condizioni naturali, ambientali, climatiche e abitative, la vita lavorativa, economica, sociale e culturale, tutti status in grado di interagire, positivamente o negativamente, con l’esistenza dell’essere umano.

La Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si fa assertrice, quindi, sin dal 1946 di questa nuova visione ed ampiezza della concezione di salute, definendola come “ uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente come assenza di malattia e di infermità”.

Secondo la Carta di Ottawa per la Promozione della salute, essa è una risorsa per la vita quotidiana, è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche dell’individuo.

Mi ha colpito l’idea di un Medico, il Dr. Bruno Gentile, che propone un rinnovato modello scientifico culturale e morale di salute pubblica, condiviso e capillare, che coinvolge Istituzioni, medici e popolazione attraverso un programma di “Prevenzione Primaria Integrata” ossia il mantenimento nel soggetto sano di uno stato di completo benessere fisico psichico e sociale, evitando o ritardando la comparsa di malattie, mediante un insieme di attività, azioni ed interventi che potenzino i fattori utili alla salute ed allontanino o correggano i fattori di rischio.

Per fare tutto ciò, egli si avvale della compilazione di un questionario interattivo chiamato “Questionario Punto Salute”, una sorta di vero e proprio “Tagliando della Salute” personalizzato, che attraverso una serie di domande mirate ha lo scopo di creare una comunicazione interattiva, in grado cioè di alimentare un dialogo “allargato” dove il soggetto protagonista del proprio racconto narrativo possa soprattutto sentirsi custode e padrone del proprio stato di salute; ne deriveranno pertanto in maniera assolutamente fisiologica, una maggiore consapevolezza soggettiva ed una maggiore percezione individuale del rischio.

L’operatore (medico o psicologo) deve essere libero, in piena coscienza e sapienza nelle proprie decisioni, senza mai dimenticare che la sua azione è volta sempre a garantire la tutela del benessere e della vita, questo nuovo apporto per restituire un nuovo slancio ad una vera e aggiornata cultura scientifica, eleggendo nel contempo la Persona quale protagonista unica del proprio destino e della propria Vita.