Se la separazione fa male ai genitori sono i figli a soffrirne di
più con conseguenze affettivo-comportamentali durante la fase della crescita.
La conflittualità tra i genitori interrompe bruscamente lo
sviluppo psicologico dei figli, produce stress e ansia, paura e sensi di colpa
che compromettono in maniera permanente la formazione della loro identità. Non
è un caso se diversi studi longitudinali hanno rilevato la presenza persistente
dei severi effetti del divorzio anche sul lungo termine, cioè lungo
l'intera esistenza di queste persone. L’aspetto principale che
mette in luce la separazione è decisamente il vissuto di lutto, un trauma da stress che ha le
caratteristiche di essere non controllabile, imprevedibile, minaccia
l'integrità psico-fisica, scatena paura, ansia anche in modo cumulativo.
causa cambiamenti radicali nella vita delle persone, determina
disturbi psicologici, emotivi o affettivi finanche cronici. La separazione dei genitori
è per i figli un grande lutto su più livelli: muore l’idea di famiglia, il
senso di appartenenza a qualcosa di cui i ragazzi hanno molto bisogno; muore
l’illusione del per sempre, dell’amore di mamma e papà come esempio di
solidità; muore il senso di protezione (soprattutto in seguito all’uscita di
casa del papà), muoiono i sogni, i desideri, la leggerezza. Molti bambini, nei
casi più fortunati adolescenti, vedono morire di colpo la propria infanzia.
Durante e dopo la separazione, sempre più spesso, bisogna crescere in fretta,
imparare ad autoconsolarsi, a badare a se stessi a trecentossanta gradi perché
gli adulti sono impegnati a fare altro”. Assistere alla disgregazione del proprio nucleo familiare non
solo per gli adulti, ma anche e soprattutto per i figli, comporta certamente un
cambiamento in termini di equilibri già
strutturati e una destabilizzazione affettiva. I
propri punti di riferimento fino ad allora fermi e stabili, quali possono
essere una casa e le persone del contesto familiare, diventano incerti e
inconsistenti. Ciò produce, in chi vive tale situazione, uno scompenso emotivo non indifferente. Una
personalità in formazione subirà uno sbilanciamento che produrrà delle
problematiche sul piano psicologico. Non è raro che i figli di genitori
separati manifestino sintomi depressivi,
di ansia, di isolamento. Tale sofferenza ha un significato particolare poiché
può capitare che si addossino la colpa di quanto accaduto.
Due genitori, che interrompono i loro rapporti e non si dedicano più assieme
all’educazione dei propri figli, contribuiscono allo sviluppo di problematiche
esistenziali quali l’ansia da separazione, difficoltà
scolastiche o di comportamento che si protrarranno per lungo
tempo. I ragazzi si chiudono in se stessi e gli adolescenti diventano più
aggressivi e ribelli. Allo stesso tempo può succedere che uno dei due genitori
faccia di tutto per allontanare i propri figli dall’altro genitore interferendo
in ogni situazione e denigrando l’altro facendolo risultare un cattivo genitore
che non ha più amore da donare. Questo fenomeno a cui consegue un malessere
viene definito PAS cioè sindrome da alienazione parentale,
molto studiata negli ultimi
anni che sottolinea il ruolo importante del genitore ‘alienante’ che mette in
atto una sorta di ‘lavaggio del cervello’ che conduce i figli a perdere
completamente il contato con gli affetti ma soprattutto l’obiettività nei
confronti dell’altro genitore verso cui saranno rivolti invece paura,
diffidenza e odio. La
separazione dei genitori non sempre rappresenta per il figlio un evento dannoso
per il suo sviluppo: a volte costituisce un'esperienza per osservare e
sperimentare come gli adulti risolvono i conflitti, affrontano il disaccordo,
litigano e sanno separarsi. Tutti questi aspetti, con la loro intensa e
specifica tonalità affettiva, vengono introiettati dal ragazzo. Durante la
separazione, il ragazzo non è solo osservatore, ma entra a far parte di un
“gioco” familiare in quanto chiamato ad assumersi ruoli differenti, conteso,
costretto a schierarsi con l'uno o l'altro genitore, a mediare il conflitto,
ecc. Comunicare al proprio figlio la decisione di separarsi, motivandola
realisticamente e univocamente, è utile a contenere le paure e le angosce del
ragazzo, permettendogli di riconoscerle e confrontarle con una percezione
condivisa dal genitore. In molte circostanze, si osserva una difficoltà dell'adulto ad assumersi questa
responsabilità e la tendenza a chiedere al figlio di sostenere le proprie
ragioni contro quelle del partner, con l’effetto di costringerlo a schierarsi e
a non riconoscere il valore affettivo dell’altro. Sperimentare la separazione non è traumatico
per i figli di quei genitori che riescono a dare continuità al legame
parentale, accordandosi sulle scelte più opportune per loro, mantenendo un
coerente riferimento affettivo ed educativo, conservando intatta nella mente
dei ragazzi quella immagine rassicurante così importante per la loro crescita e
riuscendo ad offrire loro un aiuto per affrontare la sofferenza del
cambiamento. Tuttavia, la separazione dei genitori rappresenta un'esperienza
“ad alto impatto emotivo” per il ragazzo e, per questo motivo, è spesso causa
iniziale di sofferenza psicologica.
In quelle situazioni caratterizzate da elevata
ostilità tra i coniugi, il ragazzo rischia di essere coinvolto nel confitto
genitoriale, sia per ottenere legalmente il suo collocamento, sia per un
reciproco sentimento di rivalsa. Il “figlio conteso” sperimenta i pressanti e
fastidiosi tentativi di alleanza che ognuno dei due genitori vuole instaurare
con lui a scapito dell'altro e ciò si ripercuote sulla relazione con entrambi.
La separazione dei genitori è vissuta dal ragazzo
con una miscela di emozioni che toccano il senso di abbandono, la rabbia, la
frustrazione, l'impotenza, sentimenti simili al dolore provato di fronte alla
morte di una persona cara. In questi momenti, i bambini sperimentano un
profondo senso di solitudine, un isolamento legato alla difficoltà di
rivolgersi all'adulto, completamente assorbito dal conflitto e provato dalla
propria sofferenza, per condividere i propri vissuti emotivi ed ottenere
conforto. Il figlio necessita dunque, nella fase di rottura tra i suoi
genitori, di stabilità e continuità nelle sue relazioni affettive, di sentirsi
protetto dalle figure genitoriali che devono essere in grado di pensare a lui,
in modo costruttivo. Partendo da questa premessa, è evidente che delineare gli
effetti e gli aspetti psicologici della separazione sui figli sia fortemente
connesso alla capacità dei genitori di elaborare tale situazione: non è tanto
l’evento critico in sé ad essere fonte di stress, ma sono le modalità e le
strategie con cui gli individui affrontano tale evento a determinarne gli
esiti.
Molti ricercatori hanno evidenziato che il bambino,
all’interno di un percorso di separazione coniugale, può assumere diversi
ruoli:
di stabilizzatore/mediatore della conflittualità
tra i coniugi,
di caretaker (prendersi cura di) nei confronti del
genitore percepito come più fragile. I ruoli genitoriali sono rovesciati: un
figlio può accettare coscientemente la responsabilità di badare a un genitore
che non si sente bene o che è incapace di assumere la propria funzione in modo
adeguato. Prendersi cura di un genitore emotivamente dipendente è un grosso
peso per un figlio. Può rivelarsi molto difficile, per figli sensibili e
coscienziosi, liberasi da questo fardello e andare avanti con la propria vita
normale.
di capro espiatorio, nel tentativo di mantenere
unita la coppia genitoriale.
Tale ruolo
trae origine dalla storia delle relazioni familiari e dal legame di
attaccamento con ciascun genitore e dallo sviluppo delle modalità affettive ed
educative degli adulti di riferimento.
I disagi
psicologici, che possono essere considerati normali reazioni all’evento
traumatico della separazione, si diversificano a seconda dell’età:
dai 0 a 3 anni: i neonati sono i più protetti dalle conseguenze immediate della
separazione dei genitori, sempre che venga garantita loro una relazione di
attaccamento stabile e sicura almeno da parte di uno dei genitori. Possono
reagire con evidenti regressioni comportamentali: disturbi del comportamento,
perdita del controllo degli sfinteri precedentemente acquisiti, suzione del
pollice e/o dei capelli, condotte auto-consolatorie. La separazione suscita in
loro diverse emozioni tra le quali la collera, la frustrazione e l’abbandono;
dai 3 ai 6 anni: i bambini appaiono molto confusi e insicuri per quanto riguarda i
cambiamenti nella loro vita familiare, alcuni si aggrappano alla speranza che i
genitori possano tornare insieme e si creano delle fantasie per trovare
conforto in esse. Altri bambini avvertono
rabbia/aggressività connessa al senso di perdita e di rifiuto che
possono reprimere o manifestare nei confronti degli altri, mordendo i compagni
di scuola, distruggendo oggetti, andando alla ricerca di animaletti da
“uccidere”. I bambini possono esprimere
la propria ansia e insicurezza anche attraverso comportamenti regressivi sul
piano delle autonomie personali e/o mostrare comportamenti eccessivamente
dipendenti (pianto facile ed improvviso, stati d’irritabilità, alterazione del
ciclo sonno – veglia e dell’alimentazione).
dai 6 ai 10 anni, i bambini in questa fase acquistano maggiore coscienza delle cause e
delle conseguenze della separazione ed è più facile che si schierino dalla
parte di uno dei genitori in conflitto. Possono manifestare diverse reazioni:
profondo senso di perdita, rifiuto, vulnerabilità e solitudine, sentimenti di
vergogna, risentimento per il comportamento dei genitori, forte rabbia e scatti
d’ira, dolore e tristezza intensa, sintomi somatici (mal di testa, dolori allo
stomaco, stress), frequenti difficoltà di apprendimento, il rifiuto di andare a
scuola, silenzio persistente, comportamento trasgressivo, blocco delle reazioni
con l’esterno.
dagli 11 ai 17 anni: i figli più grandi possono essere caricati
di una responsabilità crescente per i fratelli più piccoli e delle pretese di
un genitore emotivamente dipendente. Frequentemente i genitori si aspettano che
i figli più grandi prendano le loro decisioni riguardo alle visite o alla
scelta di vivere con uno dei due genitori. I ragazzi sperimentano una
situazione di conflitto fra il desiderio di vedere un genitore assente e quello
di portare avanti attività con i coetanei. Alcuni manifestano cadute improvvise
delle performance scolastiche, relazioni instabili con i coetanei; altri,
invece, rafforzano un modello comportamentale con l’incremento delle attività
sociali e didattiche all’interno della scuola. Spesso gli adolescenti provano
anche paura di creare legami a lungo termine e di fidarsi delle persone,
chiusura in loro stessi, fino ad arrivare a manifestare alcune condotte
autolesive (suicidi dimostrativi, assunzione di droghe) o devianti. Sono carichi di rabbia e in generale
oscillano fra sentimenti contrastanti, idealizzando spesso la
relazione uomo - donna. Per aiutarli a superare questo momento dovete evitare
che si incattiviscano prendendo le parti dell'uno o dell'altro e biasimando il
genitore
che ritengono colpevole
L’assistere alle liti familiari, urla e pianti,
provoca sentimenti contrastanti: paura per sé, per i genitori, eccitazione,
angoscia, paura di perdere le proprie figure di attaccamento. Per far fronte a
questi sentimenti penosi, il ragazzo riattiva modalità di pensiero “primitive”
che avevano la conseguenza di calmare l’angoscia, che gli consentono di
esercitare un controllo magico e onnipotente sull’ambiente. Per questo motivo,
capita spesso che il ragazzo, giunga ad attribuire a sé, attraverso qualche
disubbidienza o sentimento rabbioso e distruttivo, la decisione dei genitori di
separarsi. A volte però l’ambiente familiare, invece di sostenere il ragazzo in
queste sue elaborazioni, permettendogli di pensare che la separazione è una
scelta degli adulti, gli conferma più o meno esplicitamente la sua
responsabilità in questa decisione.
L’esperienza nella
mediazione familiare mi ha portato ad osservare che la sofferenza del ragazzo
nelle cause di separazione:
• aumenta tanto più elevata
è la conflittualità tra i genitori;
• aumenta se un genitore abdica
ad esercitare le sue funzioni;
• peggiora se il bambino è
usato come strumento per attaccare o ferire l’altro genitore;
• peggiora se i conflitti
tra i genitori riguardano lui stesso, la sua educazione, le scelte che lo
riguardano;
• può generare angoscia e
patologia se i conflitti sono continui, segnati da aggressività verbale o
fisica.
Tutta l’energia emotiva che i bambini e i ragazzi investono per reagire
alla conflittualità genitoriale provoca una distorsione sia delle emozioni che
degli aspetti della vita e dei bisogni della loro età. Alcuni ragazzi provano
vergogna per la loro situazione familiare e quindi si isolano difensivamente
dalle amicizie. Può risultare impossibile riconoscersi in un modello di
identificazione sessuale che è stato pesantemente svalutato dal conflitto, e
quindi il bambino, per mantenere un senso del proprio valore, è costretto ad
identificarsi col modello materno e ad operare scelte oggettuali in contrasto
con il proprio genere. L'interiorizzazione di modelli maschili e femminili non
adeguati compromette, inoltre, la possibilità di costruire, in età adulta, legami
affettivi significativi e duraturi.
Un ragazzo che assiste alle scenate di rabbia, alle manifestazioni di
violenza, fisica o verbale, tra i suoi genitori, o tra genitori e figli, viene
sempre danneggiato. A volte alcune coppie in aperto e continuo conflitto non si
separano “per il bene del bambino”, esponendolo così ad il grave danno, ossia
vivere in un clima di tensione e di violenza psicologica, dove i significati
dell’affetto sono mischiati a quelli dell’ira e del disprezzo. I danni sono
gravi anche se lui non è oggetto di aggressioni dirette poiché è costretto ad
assistere passivamente alla violenza, come se fosse seduto su di una polveriera
che può esplodere improvvisamente. Alla
luce dell'esperienza clinica maturata, ritengo fondamentale sensibilizzare i
genitori a sforzarsi di empatizzare con la sofferenza della propria “creatura”,
riconoscendole il diritto di essere amata e riconosciuta nei suoi bisogni
emotivo-affettivi. La vera causa
delle difficoltà emotive e comportamentali nei ragazzi non è l’avere o meno dei
genitori separati, quanto piuttosto l’avere dei genitori in conflitto tra
loro. Il figlio paga la paura
dell'abbandono, teme per la sua sicurezza e si chiede chi si prenderà cura di
lui.
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REGOLE DA RISPETTARE
1 Comunicare: La comunicazione della nostra intenzione di separarci va fatta, per
quanto possibile, insieme, usando parole semplici, adeguate all’età dei figli,
quando ci sentiremo sicuri della nostra decisione e pronti a parlarne con sufficiente serenità
e senza fatto che con la separazione non
stanno perdendo i genitori. Sta comunque ai fatti, non alle parole, dar loro la
certezza.
2 Dialogare: Diamo la
possibilità ai figli di esprimere la loro sofferenza e aiutiamoli più con i fatti che con le parole.
Dimostriamoci disponibili a parlare con loro
ogni volta che lo richiederanno. Se parlano poco o non fanno
domande o non reagiscono, non illudiamoci che chi tace acconsente. Prepariamoci
dunque a rispondere ai loro eventuali perché in ogni momento e non sentiamoci sollevati se i figli non ci hanno posto
domande. Non umiliamo i figli ignorando o
non tenendo nella dovuta considerazione le
loro ragioni, come se la giovane età impedisse loro di essere
nel giusto. E anche se nel giusto non fossero, abituiamoli alla libertà di pensiero e di parola, sia pure nel
rispetto delle dovute forme (che anche noi dovremo usare nei loro confronti).
3 Mantenere le proprie responsabilità: Manteniamo sempre la nostra comune responsabilità genitoriale a partire
dal momento della decisione di separarci, nella comunicazione con i figli, le
nostre famiglie d’origine e chiunque altro. Non perdiamoci di vista dietro le
carte bollate e non lasciamo che altri prendano decisioni che spettano a noi
due, insieme. Se siamo certi di non star mentendo, facciamo in modo che i
nostri figli sappiano che ogni sforzo è stato fatto per tenere in piedi la
nostra unione. Sottolineiamo che la separazione è interamente frutto della nostra
decisione e che loro non ne hanno alcuna responsabilità. Non inibiamo
nei figli i ricordi positivi del loro passato con l’uno, l’altro o entrambi i
genitori. Accettiamo che riemergano anche i loro ricordi negativi aiutandoli a
collocarli in una storia in evoluzione e a individuare
prospettive di cambiamento e di miglioramento.
4 Non screditare l’altro genitore: Non usiamo i figli come giudici o arbitri dei nostri comportamenti
sollecitando da loro un’opinione su chi di noi abbia ragione o torto. Non screditiamo né denigriamo l’altro
genitore agli occhi dei figli anche, e
soprattutto, se assente. Non impediamo loro di comunicare con il genitore non
affidatario, anche segnalando più o meno apertamente la nostra
disapprovazione quando i figli cercano di farlo. Non svalutiamo
sistematicamente le idee e la pratica educativa dell’altro genitore. Teniamo a
mente che non è sempre vero che il passato determina meccanicamente il futuro e
che dunque l’altro genitore “non cambierà mai”. Bambini e
ragazzi non amano sentir denigrare un genitore, tanto più quando a farlo è
l’altro genitore. Apprezzano, invece, il comportamento franco e leale degli
adulti perché, anche se mostra una differenza di opinioni, è molto più
rassicurante di una critica fatta dietro le spalle.
5 Rimanere leali nei confronti dell’altro
genitore : Non cerchiamo l’alleanza o la complicità
dei figli contro l’altro genitore né istighiamoli contro di lui o lei atteggiandoci a vittime. Non
fingiamo di accettare le decisioni dell’altro genitore mentre in realtà le
boicottiamo. Non critichiamo per partito preso né ridicolizziamo i risultati
delle decisioni e delle azioni dell’altro genitore. Ogni volta che esistono ragioni valide è meglio che
padre e madre si parlino direttamente senza usare in alcun modo i figli per
trasmettersi messaggi ostili in forma indiretta. Non sballottiamo i figli come
pacchi postali né parcheggiamoli davanti alla porta di casa o presso vicini e
parenti per evitare di incontrare il genitore che li prenderà in consegna.
Il momento del passaggio delle consegne da un
genitore all’altro è tra i più delicati della vicenda
della separazione e per i figli è una cartina di tornasole per capire se
possono contare sulla collaborazione di padre e madre o se invece hanno due
genitori in lotta tra loro.
6 Evitare manifestazioni di aggressività : Non
è la differenza di opinioni tra noi che può danneggiare i figli. Le differenze sono fonte di fertilità, al contrario delle fittizie
unanimità o delle volontà imposte con la violenza o con l’inganno. Bambini e
ragazzi osservano come noi riusciamo a convivere con le nostre diversità, e
imparano. Se, evitando compromessi ingiusti, saremo riusciti a non trasformare
i conflitti in guerre, avremo dato ai nostri figli un buon esempio. Evitiamo dunque manifestazioni di esasperata
aggressività, soprattutto in presenza dei figli. Questo non è un invito
all’ipocrisia, ma piuttosto al rispetto dei limiti di sopportazione e di
comprensione consentiti dall’età dei bambini e dei ragazzi. Evitiamo inoltre di usare i figli come ostaggi, messaggeri,
spie o testimoni contro un genitore. Non
sottoponiamoli a interrogatori su ciò che ha fatto l’altro genitore. Non
minacciamo apertamente o implicitamente ritorsioni se non si schiereranno dalla
nostra parte. Impediamo che, salvo casi
di eccezionale gravità e comunque in condizioni di massima protezione del loro
equilibrio psicologico, i figli siano portati
in tribunale a testimoniare contro un genitore. Non utilizziamoli per dire ciò che noi non vogliamo o
possiamo dire all’altro genitore. Asteniamoci da ogni
ricatto affettivo. Il periodo trascorso con i genitori dovrebbe essere
ricordato come uno dei rarissimi esempi di affetto gratuito incontrati nella
vita.
7 Prendere
insieme le decisioni importanti: Non
prendiamo decisioni importanti di interesse comune senza consultarci e, se
possibile, accordarci con l’altro genitore. Entrambi i genitori devono sempre reciprocamente informarsi in tempo
utile, e non essere informati da
altri, circa
le questioni che più interessano la crescita dei figli: salute, scuola, tempo libero, relazioni significative, cambiamenti
importanti nella vita degli stessi genitori (lavoro, residenza, abitudini,
nuovi partner).
8 Attenzione ai nuovi partner: È inopportuno presentare ai figli eventuali nostri nuovi partner senza
aver prima concordato tra noi le modalità e i tempi più adatti ai bambini e ai
ragazzi. Non
presentiamoli come futuri genitori. Non mettiamo in competizione genitori e nuovi partner ma adoperiamoci
perché stabiliscano buoni e affettuosi rapporti con i nostri figli.
9 Festeggiare insieme: Festeggiamo
insieme, ogni volta che è possibile,
compleanni e feste e cerchiamo di essere presenti agli eventi importanti che
vedono i figli in qualche modo protagonisti. Andiamo insieme a parlare con gli
insegnanti, con i medici, con gli
allenatori sportivi e con tutte le figure significative nella vita dei figli.
10 Rispettare i confini generazionali: Essere affettuosi non implica l’incapacità di dire «no» se la situazione lo esige. Non risarciamo i figli con comportamenti
controproducenti (regali, concessioni, eccessiva indulgenza). Evitiamo di diventare “genitori della
domenica” concedendo ai figli ciò che in
altre condizioni non concederemmo.
Manteniamo la disciplina e le
abitudini della nostra cultura. Non usiamo i figli come confidenti per sfogare
su di loro le nostre ansie, tensioni e sofferenze. Non lasciamo che siano i
figli a prendere da soli decisioni che spetterebbero a noi genitori. Manteniamo le promesse.