giovedì 25 luglio 2019

EFFETTI PSICOLOGICI DELLA SEPARAZIONE di Mariacristina Guardenti


Se la separazione fa male ai genitori sono i figli a soffrirne di più con conseguenze affettivo-comportamentali durante la fase della crescita.

La conflittualità tra i genitori interrompe bruscamente lo sviluppo psicologico dei figli, produce stress e ansia, paura e sensi di colpa che compromettono in maniera permanente la formazione della loro identità. Non è un caso se diversi studi longitudinali hanno rilevato la presenza persistente dei severi effetti del divorzio anche sul lungo termine, cioè lungo l'intera esistenza di queste persone. L’aspetto principale che mette in luce la separazione è decisamente il vissuto di lutto, un trauma da stress che ha le caratteristiche di essere non controllabile, imprevedibile, minaccia l'integrità psico-fisica, scatena paura, ansia anche in modo cumulativo. causa cambiamenti radicali nella vita delle persone, determina disturbi psicologici, emotivi o affettivi finanche cronici. La separazione dei genitori è per i figli un grande lutto su più livelli: muore l’idea di famiglia, il senso di appartenenza a qualcosa di cui i ragazzi hanno molto bisogno; muore l’illusione del per sempre, dell’amore di mamma e papà come esempio di solidità; muore il senso di protezione (soprattutto in seguito all’uscita di casa del papà), muoiono i sogni, i desideri, la leggerezza. Molti bambini, nei casi più fortunati adolescenti, vedono morire di colpo la propria infanzia. Durante e dopo la separazione, sempre più spesso, bisogna crescere in fretta, imparare ad autoconsolarsi, a badare a se stessi a trecentossanta gradi perché gli adulti sono impegnati a fare altro”. Assistere alla disgregazione del proprio nucleo familiare non solo per gli adulti, ma anche e soprattutto per i figli, comporta certamente un cambiamento in termini di equilibri già strutturati e una destabilizzazione affettiva. I propri punti di riferimento fino ad allora fermi e stabili, quali possono essere una casa e le persone del contesto familiare, diventano incerti e inconsistenti. Ciò produce, in chi vive tale situazione, uno scompenso emotivo non indifferente. Una personalità in formazione subirà uno sbilanciamento che produrrà delle problematiche sul piano psicologico. Non è raro che i figli di genitori separati manifestino sintomi depressivi, di ansia, di isolamento. Tale sofferenza ha un significato particolare poiché può capitare che si addossino la colpa di quanto accaduto. Due genitori, che interrompono i loro rapporti e non si dedicano più assieme all’educazione dei propri figli, contribuiscono allo sviluppo di problematiche esistenziali quali l’ansia da separazione, difficoltà scolastiche o di comportamento che si protrarranno per lungo tempo. I ragazzi si chiudono in se stessi e gli adolescenti diventano più aggressivi e ribelli. Allo stesso tempo può succedere che uno dei due genitori faccia di tutto per allontanare i propri figli dall’altro genitore interferendo in ogni situazione e denigrando l’altro facendolo risultare un cattivo genitore che non ha più amore da donare. Questo fenomeno a cui consegue un malessere viene definito PAS cioè sindrome da alienazione parentale, molto studiata negli ultimi anni che sottolinea il ruolo importante del genitore ‘alienante’ che mette in atto una sorta di ‘lavaggio del cervello’ che conduce i figli a perdere completamente il contato con gli affetti ma soprattutto l’obiettività nei confronti dell’altro genitore verso cui saranno rivolti invece paura, diffidenza e odio. La separazione dei genitori non sempre rappresenta per il figlio un evento dannoso per il suo sviluppo: a volte costituisce un'esperienza per osservare e sperimentare come gli adulti risolvono i conflitti, affrontano il disaccordo, litigano e sanno separarsi. Tutti questi aspetti, con la loro intensa e specifica tonalità affettiva, vengono introiettati dal ragazzo. Durante la separazione, il ragazzo non è solo osservatore, ma entra a far parte di un “gioco” familiare in quanto chiamato ad assumersi ruoli differenti, conteso, costretto a schierarsi con l'uno o l'altro genitore, a mediare il conflitto, ecc. Comunicare al proprio figlio la decisione di separarsi, motivandola realisticamente e univocamente, è utile a contenere le paure e le angosce del ragazzo, permettendogli di riconoscerle e confrontarle con una percezione condivisa dal genitore. In molte circostanze, si osserva una  difficoltà dell'adulto ad assumersi questa responsabilità e la tendenza a chiedere al figlio di sostenere le proprie ragioni contro quelle del partner, con l’effetto di costringerlo a schierarsi e a non riconoscere il valore affettivo dell’altro.  Sperimentare la separazione non è traumatico per i figli di quei genitori che riescono a dare continuità al legame parentale, accordandosi sulle scelte più opportune per loro, mantenendo un coerente riferimento affettivo ed educativo, conservando intatta nella mente dei ragazzi quella immagine rassicurante così importante per la loro crescita e riuscendo ad offrire loro un aiuto per affrontare la sofferenza del cambiamento. Tuttavia, la separazione dei genitori rappresenta un'esperienza “ad alto impatto emotivo” per il ragazzo e, per questo motivo, è spesso causa iniziale di sofferenza psicologica.

In quelle situazioni caratterizzate da elevata ostilità tra i coniugi, il ragazzo rischia di essere coinvolto nel confitto genitoriale, sia per ottenere legalmente il suo collocamento, sia per un reciproco sentimento di rivalsa. Il “figlio conteso” sperimenta i pressanti e fastidiosi tentativi di alleanza che ognuno dei due genitori vuole instaurare con lui a scapito dell'altro e ciò si ripercuote sulla relazione con entrambi.

La separazione dei genitori è vissuta dal ragazzo con una miscela di emozioni che toccano il senso di abbandono, la rabbia, la frustrazione, l'impotenza, sentimenti simili al dolore provato di fronte alla morte di una persona cara. In questi momenti, i bambini sperimentano un profondo senso di solitudine, un isolamento legato alla difficoltà di rivolgersi all'adulto, completamente assorbito dal conflitto e provato dalla propria sofferenza, per condividere i propri vissuti emotivi ed ottenere conforto. Il figlio necessita dunque, nella fase di rottura tra i suoi genitori, di stabilità e continuità nelle sue relazioni affettive, di sentirsi protetto dalle figure genitoriali che devono essere in grado di pensare a lui, in modo costruttivo. Partendo da questa premessa, è evidente che delineare gli effetti e gli aspetti psicologici della separazione sui figli sia fortemente connesso alla capacità dei genitori di elaborare tale situazione: non è tanto l’evento critico in sé ad essere fonte di stress, ma sono le modalità e le strategie con cui gli individui affrontano tale evento a determinarne gli esiti.

Molti ricercatori hanno evidenziato che il bambino, all’interno di un percorso di separazione coniugale, può assumere diversi ruoli:

 di stabilizzatore/mediatore della conflittualità tra i coniugi,

 di caretaker (prendersi cura di) nei confronti del genitore percepito come più fragile. I ruoli genitoriali sono rovesciati: un figlio può accettare coscientemente la responsabilità di badare a un genitore che non si sente bene o che è incapace di assumere la propria funzione in modo adeguato. Prendersi cura di un genitore emotivamente dipendente è un grosso peso per un figlio. Può rivelarsi molto difficile, per figli sensibili e coscienziosi, liberasi da questo fardello e andare avanti con la propria vita normale.

 di capro espiatorio, nel tentativo di mantenere unita la coppia genitoriale.

    Tale ruolo trae origine dalla storia delle relazioni familiari e dal legame di attaccamento con ciascun genitore e dallo sviluppo delle modalità affettive ed educative degli adulti di riferimento.

     I disagi psicologici, che possono essere considerati normali reazioni all’evento traumatico della separazione, si diversificano a seconda dell’età:

dai 0 a 3 anni: i neonati sono i più protetti dalle conseguenze immediate della separazione dei genitori, sempre che venga garantita loro una relazione di attaccamento stabile e sicura almeno da parte di uno dei genitori. Possono reagire con evidenti regressioni comportamentali: disturbi del comportamento, perdita del controllo degli sfinteri precedentemente acquisiti, suzione del pollice e/o dei capelli, condotte auto-consolatorie. La separazione suscita in loro diverse emozioni tra le quali la collera, la frustrazione e l’abbandono;

dai 3 ai 6 anni: i bambini appaiono molto confusi e insicuri per quanto riguarda i cambiamenti nella loro vita familiare, alcuni si aggrappano alla speranza che i genitori possano tornare insieme e si creano delle fantasie per trovare conforto in esse. Altri bambini avvertono  rabbia/aggressività connessa al senso di perdita e di rifiuto che possono reprimere o manifestare nei confronti degli altri, mordendo i compagni di scuola, distruggendo oggetti, andando alla ricerca di animaletti da “uccidere”.  I bambini possono esprimere la propria ansia e insicurezza anche attraverso comportamenti regressivi sul piano delle autonomie personali e/o mostrare comportamenti eccessivamente dipendenti (pianto facile ed improvviso, stati d’irritabilità, alterazione del ciclo sonno – veglia e dell’alimentazione).

dai 6 ai 10 anni, i bambini in questa fase acquistano maggiore coscienza delle cause e delle conseguenze della separazione ed è più facile che si schierino dalla parte di uno dei genitori in conflitto. Possono manifestare diverse reazioni: profondo senso di perdita, rifiuto, vulnerabilità e solitudine, sentimenti di vergogna, risentimento per il comportamento dei genitori, forte rabbia e scatti d’ira, dolore e tristezza intensa, sintomi somatici (mal di testa, dolori allo stomaco, stress), frequenti difficoltà di apprendimento, il rifiuto di andare a scuola, silenzio persistente, comportamento trasgressivo, blocco delle reazioni con l’esterno.

dagli 11 ai 17 anni: i figli più grandi possono essere caricati di una responsabilità crescente per i fratelli più piccoli e delle pretese di un genitore emotivamente dipendente. Frequentemente i genitori si aspettano che i figli più grandi prendano le loro decisioni riguardo alle visite o alla scelta di vivere con uno dei due genitori. I ragazzi sperimentano una situazione di conflitto fra il desiderio di vedere un genitore assente e quello di portare avanti attività con i coetanei. Alcuni manifestano cadute improvvise delle performance scolastiche, relazioni instabili con i coetanei; altri, invece, rafforzano un modello comportamentale con l’incremento delle attività sociali e didattiche all’interno della scuola. Spesso gli adolescenti provano anche paura di creare legami a lungo termine e di fidarsi delle persone, chiusura in loro stessi, fino ad arrivare a manifestare alcune condotte autolesive (suicidi dimostrativi, assunzione di droghe) o devianti. Sono carichi di rabbia e in generale oscillano fra sentimenti contrastanti, idealizzando spesso la relazione uomo - donna. Per aiutarli a superare questo momento dovete evitare che si incattiviscano prendendo le parti dell'uno o dell'altro e biasimando il genitore che ritengono colpevole



L’assistere alle liti familiari, urla e pianti, provoca sentimenti contrastanti: paura per sé, per i genitori, eccitazione, angoscia, paura di perdere le proprie figure di attaccamento. Per far fronte a questi sentimenti penosi, il ragazzo riattiva modalità di pensiero “primitive” che avevano la conseguenza di calmare l’angoscia, che gli consentono di esercitare un controllo magico e onnipotente sull’ambiente. Per questo motivo, capita spesso che il ragazzo, giunga ad attribuire a sé, attraverso qualche disubbidienza o sentimento rabbioso e distruttivo, la decisione dei genitori di separarsi. A volte però l’ambiente familiare, invece di sostenere il ragazzo in queste sue elaborazioni, permettendogli di pensare che la separazione è una scelta degli adulti, gli conferma più o meno esplicitamente la sua responsabilità in questa decisione.

L’esperienza nella mediazione familiare mi ha portato ad osservare che la sofferenza del ragazzo nelle cause di separazione:

• aumenta tanto più elevata è la conflittualità tra i genitori;

• aumenta se un genitore abdica ad esercitare le sue funzioni;

• peggiora se il bambino è usato come strumento per attaccare o ferire l’altro genitore;

• peggiora se i conflitti tra i genitori riguardano lui stesso, la sua educazione, le scelte che lo riguardano;

• può generare angoscia e patologia se i conflitti sono continui, segnati da aggressività verbale o fisica.

Tutta l’energia emotiva che i bambini e i ragazzi investono per reagire alla conflittualità genitoriale provoca una distorsione sia delle emozioni che degli aspetti della vita e dei bisogni della loro età. Alcuni ragazzi provano vergogna per la loro situazione familiare e quindi si isolano difensivamente dalle amicizie. Può risultare impossibile riconoscersi in un modello di identificazione sessuale che è stato pesantemente svalutato dal conflitto, e quindi il bambino, per mantenere un senso del proprio valore, è costretto ad identificarsi col modello materno e ad operare scelte oggettuali in contrasto con il proprio genere. L'interiorizzazione di modelli maschili e femminili non adeguati compromette, inoltre, la possibilità di costruire, in età adulta, legami affettivi significativi e duraturi.

Un ragazzo che assiste alle scenate di rabbia, alle manifestazioni di violenza, fisica o verbale, tra i suoi genitori, o tra genitori e figli, viene sempre danneggiato. A volte alcune coppie in aperto e continuo conflitto non si separano “per il bene del bambino”, esponendolo così ad il grave danno, ossia vivere in un clima di tensione e di violenza psicologica, dove i significati dell’affetto sono mischiati a quelli dell’ira e del disprezzo. I danni sono gravi anche se lui non è oggetto di aggressioni dirette poiché è costretto ad assistere passivamente alla violenza, come se fosse seduto su di una polveriera che può esplodere improvvisamente.  Alla luce dell'esperienza clinica maturata, ritengo fondamentale sensibilizzare i genitori a sforzarsi di empatizzare con la sofferenza della propria “creatura”, riconoscendole il diritto di essere amata e riconosciuta nei suoi bisogni emotivo-affettivi.   La vera causa delle difficoltà emotive e comportamentali nei ragazzi non è l’avere o meno dei genitori separati, quanto piuttosto l’avere dei genitori in conflitto tra loro. Il figlio paga la paura dell'abbandono, teme per la sua sicurezza e si chiede chi si prenderà cura di lui.

10  REGOLE DA RISPETTARE

1 Comunicare: La comunicazione della nostra intenzione di separarci va fatta, per quanto possibile, insieme, usando parole semplici, adeguate all’età dei figli, quando ci sentiremo sicuri della nostra decisione e pronti a parlarne con sufficiente serenità e senza fatto che con la separazione non stanno perdendo i genitori. Sta comunque ai fatti, non alle parole, dar loro la certezza.

2 Dialogare: Diamo la possibilità ai figli di esprimere la loro sofferenza e aiutiamoli più con i fatti che con le parole. Dimostriamoci disponibili a parlare con loro ogni volta che lo richiederanno. Se parlano poco o non fanno domande o non reagiscono, non illudiamoci che chi tace acconsente. Prepariamoci dunque a rispondere ai loro eventuali perché in ogni momento e non sentiamoci sollevati se i figli non ci hanno posto domande. Non umiliamo i figli ignorando o non tenendo nella dovuta considerazione le loro ragioni, come se la giovane età impedisse loro di essere nel giusto. E anche se nel giusto non fossero, abituiamoli alla libertà di pensiero e di parola, sia pure nel rispetto delle dovute forme (che anche noi dovremo usare nei loro confronti).

3 Mantenere le proprie responsabilità: Manteniamo sempre la nostra comune responsabilità genitoriale a partire dal momento della decisione di separarci, nella comunicazione con i figli, le nostre famiglie d’origine e chiunque altro. Non perdiamoci di vista dietro le carte bollate e non lasciamo che altri prendano decisioni che spettano a noi due, insieme. Se siamo certi di non star mentendo, facciamo in modo che i nostri figli sappiano che ogni sforzo è stato fatto per tenere in piedi la nostra unione. Sottolineiamo che la separazione è interamente frutto della nostra decisione e che loro non ne hanno alcuna responsabilità. Non inibiamo nei figli i ricordi positivi del loro passato con l’uno, l’altro o entrambi i genitori. Accettiamo che riemergano anche i loro ricordi negativi aiutandoli a collocarli in una storia in evoluzione e a individuare prospettive di cambiamento e di miglioramento.

4 Non screditare l’altro genitore: Non usiamo i figli come giudici o arbitri dei nostri comportamenti sollecitando da loro un’opinione su chi di noi abbia ragione o torto. Non screditiamo né denigriamo l’altro genitore agli occhi dei figli anche, e soprattutto, se assente. Non impediamo loro di comunicare con il genitore non affidatario, anche segnalando più o meno apertamente la nostra disapprovazione quando i figli cercano di farlo. Non svalutiamo sistematicamente le idee e la pratica educativa dell’altro genitore. Teniamo a mente che non è sempre vero che il passato determina meccanicamente il futuro e che dunque l’altro genitore “non cambierà mai”. Bambini e ragazzi non amano sentir denigrare un genitore, tanto più quando a farlo è l’altro genitore. Apprezzano, invece, il comportamento franco e leale degli adulti perché, anche se mostra una differenza di opinioni, è molto più rassicurante di una critica fatta dietro le spalle.

5 Rimanere leali nei confronti dell’altro genitore : Non cerchiamo l’alleanza o la complicità dei figli contro l’altro genitore né istighiamoli contro di lui o lei atteggiandoci a vittime. Non fingiamo di accettare le decisioni dell’altro genitore mentre in realtà le boicottiamo. Non critichiamo per partito preso né ridicolizziamo i risultati delle decisioni e delle azioni dell’altro genitore. Ogni volta che esistono ragioni valide è meglio che padre e madre si parlino direttamente senza usare in alcun modo i figli per trasmettersi messaggi ostili in forma indiretta. Non sballottiamo i figli come pacchi postali né parcheggiamoli davanti alla porta di casa o presso vicini e parenti per evitare di incontrare il genitore che li prenderà in consegna. Il momento del passaggio delle consegne da un genitore all’altro è tra i più delicati della vicenda della separazione e per i figli è una cartina di tornasole per capire se possono contare sulla collaborazione di padre e madre o se invece hanno due genitori in lotta tra loro.

6 Evitare manifestazioni di aggressività : Non è la differenza di opinioni tra noi che può danneggiare i figli. Le differenze sono fonte di fertilità, al contrario delle fittizie unanimità o delle volontà imposte con la violenza o con l’inganno. Bambini e ragazzi osservano come noi riusciamo a convivere con le nostre diversità, e imparano. Se, evitando compromessi ingiusti, saremo riusciti a non trasformare i conflitti in guerre, avremo dato ai nostri figli un buon esempio. Evitiamo dunque manifestazioni di esasperata aggressività, soprattutto in presenza dei figli. Questo non è un invito all’ipocrisia, ma piuttosto al rispetto dei limiti di sopportazione e di comprensione consentiti dall’età dei bambini e dei ragazzi. Evitiamo inoltre di usare i figli come ostaggi, messaggeri, spie o testimoni contro un genitore. Non sottoponiamoli a interrogatori su ciò che ha fatto l’altro genitore. Non minacciamo apertamente o implicitamente ritorsioni se non si schiereranno dalla nostra parte. Impediamo che, salvo casi di eccezionale gravità e comunque in condizioni di massima protezione del loro equilibrio psicologico, i figli siano portati in tribunale a testimoniare contro un genitore. Non utilizziamoli per dire ciò che noi non vogliamo o possiamo dire all’altro genitore. Asteniamoci da ogni ricatto affettivo. Il periodo trascorso con i genitori dovrebbe essere ricordato come uno dei rarissimi esempi di affetto gratuito incontrati nella vita.

7  Prendere insieme le decisioni importanti: Non prendiamo decisioni importanti di interesse comune senza consultarci e, se possibile, accordarci con l’altro genitore. Entrambi i genitori devono sempre reciprocamente informarsi in tempo utile, e non essere informati da altri, circa le questioni che più interessano la crescita dei figli: salute, scuola, tempo libero, relazioni significative, cambiamenti importanti nella vita degli stessi genitori (lavoro, residenza, abitudini, nuovi partner).

8 Attenzione ai nuovi partner: È inopportuno presentare ai figli eventuali nostri nuovi partner senza aver prima concordato tra noi le modalità e i tempi più adatti ai bambini e ai ragazzi. Non presentiamoli come futuri genitori. Non mettiamo in competizione genitori e nuovi partner ma adoperiamoci perché stabiliscano buoni e affettuosi rapporti con i nostri figli.

9 Festeggiare insieme: Festeggiamo insieme, ogni volta che è possibile, compleanni e feste e cerchiamo di essere presenti agli eventi importanti che vedono i figli in qualche modo protagonisti. Andiamo insieme a parlare con gli insegnanti, con i medici, con gli allenatori sportivi e con tutte le figure significative nella vita dei figli.

10 Rispettare i confini generazionali: Essere affettuosi non implica l’incapacità di dire «no» se la situazione lo esige. Non risarciamo i figli con comportamenti controproducenti (regali, concessioni, eccessiva indulgenza). Evitiamo di diventare “genitori della domenica” concedendo ai figli ciò che in altre condizioni non concederemmo. Manteniamo la disciplina e le abitudini della nostra cultura. Non usiamo i figli come confidenti per sfogare su di loro le nostre ansie, tensioni e sofferenze. Non lasciamo che siano i figli a prendere da soli decisioni che spetterebbero a noi genitori. Manteniamo le promesse.

Nessun commento:

Posta un commento