LINEE DA
SEGUIRE DURANTE IL COLLOQUIO CON IL CLIENTE
L’Empatia
di cui abbiamo già parlato e di cui continueremo a parlare anche successivamente e’ la focalizzazione sul mondo interiore del cliente; è la capacità di intuire
come si senta in una situazione e cosa realmente provi al di la di quello che
esprime verbalmente; e’ riuscire a percepire la dimensione del cliente come se
fosse la propria senza perdere di vista il “come se”. Strumento Empatia non per consolare o
approvare il cliente ma per aiutarlo a riflettere su ciò che sta accadendo. E’
quindi IMPORTANTE durante la seduta controllare quello che il cliente dice,
verificandone la comprensione. Questo passaggio fondamentale e’ chiamato RIFLESSIONE DEL CONTENUTO o come
abbiamo visto sopra RIFORMULAZIONE. La riformulazione può avvenire in vari modi: ripetendo le
stesse parole usate dal cliente, parafrasando, cioè ripetendo con parole
diverse quello che e’ stato detto dal cliente, riepilogando, cioè facendo un
riassunto del racconto del cliente, facendo eco, cioè ripetendo le ultime
parole dette dal cliente.
E’ a
questo punto che è necessario stare attenti a non cadere nel trabocchetto del V.I.S.S.I :
Valutazione => significa che la risposta del Counselor implica
un’opinione etica personale e comporta un giudizio (di critica o approvazione)
nei confronti del cliente. Questo modo di intervenire induce ribellione,
inibizione, colpevolezza o compiacenza o angoscia. Solitamente quando valutiamo
definiamo ciò che è giusto o sbagliato secondo nostri modelli di riferimento,
che non è detto siano gli stessi di chi stiamo ascoltando, e quindi attraverso
la valutazione tendiamo a leggere la sua realtà con i nostri occhi. Inoltre ci
permettiamo di dare dei giudizi di merito, troppo spesso utilizzando i nostri
metri di valore.
Interpretazione => quando le risposte cercano un significato “altro”
rispetto a ciò che viene detto. In questo caso il Counselor deforma il pensiero
del cliente operando una distorsione in rapporto a ciò che l’altro voleva dire
orientando il cliente verso ciò che sembra essenziale lui e rischiando, in tal
modo, il blocco dell’auto esplorazione. Questo modo di intervenire induce
resistenza, irritazione, disinteresse. Quando ci permettiamo di leggere la
realtà secondo il nostro punto di vista, di vedere connessioni univoche fra
azioni e contenuti, proponiamo nostre strade invece di accogliere quelle
dell’altro.
Sostegno => le risposte del Counselor mirano ad apportare
incoraggiamento, consolazione e compensazione, l’atteggiamento è molto
conciliante volto a minimizzare l’accaduto. Induce nell’altro dipendenza e
sottomissione, apatia e non assunzione delle proprie responsabilità. La pacca
sulla spalla o le frasi di convenienza tipo: “dai, tanto passa presto”, oppure
“ ma tu sei forte, saprai cavartela…” hanno il risultato di minimizzare il
sentimento che viene espresso e non dare il giusto valore a chi sta parlando.
Soluzione => le risposte del Counselor tendono a giungere ad una
soluzione immediata del problema, incitando all’azione in modo da “sbarazzarsi”
velocemente del cliente e delle sue lamentazioni. Questo atteggiamento rischia
di bloccare nel cliente il con-tatto con ciò che viene provato e di conseguenza
il con-tatto con le sue risorse. Induce sgomento, ansia da prestazione. Anche
qui si parte da noi stessi invece che dall’altro, si forniscono risposte che
(forse) potrebbero andare bene a noi, ma non sono emerse da parte di chi sta
parlando. A volte siamo così convinti delle nostre risposte che ci arrabbiamo
pure se l’altro non mette in pratica i nostri consigli, ci sentiamo delusi…..
Indagine => le risposte del Counselor sono indagatrici, volte a
saperne sempre di più orientando il colloquio verso ciò che sembra importante
per il Counselor, come se accusasse l’altro di non voler dire l’essenziale o di
perdere tempo. Induce difesa e reazioni ostili.
Facendo domande per “saperne di più” distogliamo l’attenzione da ciò che
l’altro ci racconta in quel momento, lo facciamo divagare, magari interrompendo
l’emozione che stava emergendo dal suo racconto.
L’antidoto al V.I.S.S.I è il ... C.U.O.R.E. nell’ A.R.T.E. dell’ A.S.C.O.L.T.O.
Comprensione => le risposte del Counselor riflettono il tentativo di
entrare sinceramente nel problema così come esso è vissuto dall’altro.
Assicurandosi, prima di tutto, di aver capito bene quello che è stato detto.
Questo atteggiamento dà fiducia al cliente e fa si che questo si esprima
maggiormente e continui nella sua auto esplorazione sicuro di essere ascoltato
attivamente senza pregiudizi.
Uscire da Sé => inteso come accettazione incondizionata, uscire fuori
dai propri schemi mettendosi nei panni dell’altro anche se mi sta comunicando
cose che posso anche non condividere. Questo atteggiamento aiuta il cliente al
valore della diversità di vedute ed opinioni.
Oggettivare => significa contestualizzare quello che ci viene portato
dal cliente dando risposte orientate alla presa d’atto dei dati concreti
piuttosto che alle deduzioni.
Riformulare
=> o Riflettere il contenuto , le risposte del Counselor rimandano come in
uno specchio quello che l’altro sta comunicando per offrire l’opportunità di un
auto chiarimento e per trovare consapevolezza.
Empatizzare => le risposte del Counselor riflettono la sua capacità
di mettersi nei panni dell’altro vibrando stati d’animo analoghi a quelli del
cliente. Questo permette all’interlocutore di sentirsi accolto favorendo
l’autoesplorazione e la capacità di fidarsi della sua naturale energia che ha
una direzione fondamentalmente positiva recuperando l’innato bagaglio personale
di risorse.
Nell’ A.R.T.E. dell’ A.S.C.O.L.T.O.
Accogliere => l’altro senza nessuna idea preconcetta. Il primo
incontro non si scorda mai, non solo, ogni seduta prevede un pre contatto, un
inizio. Importante ricordarsi di essere gentili e sinceramente cordiali.
Rispettare => le sue parole e le sue emozioni. Riformulando ciò che abbiamo ascoltato per essere sicuri di aver
capito e farlo comprendere all’altro. Il rispetto è un buon collante per ogni
relazione.
Tacere => Tra SILERE e TACERE vi è una
netta distinzione da fare. Silere corrisponde all’affermazione del silenzio,
Tacere alla negazione del suono. C’è un rapporto tra ascolto e silenzio e non solo perché in
un dialogo al diritto della parola corrisponde un obbligo di tacere, per
rispettare il proprio turno, ma anche perché la condizione di silenzio,
permette di ritrovare una percezione di sè stessi e del mondo che ci circonda, per
ascoltare meglio.
Empatizzare =>con le sue emozioni senza cadere nell’immedesimazione.
Empatia non è simpatia, poiché è abilità di percepire direttamente ed in modo
esperienziale le emozioni di un’altra persona “quasi” come lei le sente,
indipendentemente dal condividere la sua visione delle cose.
Accettare => qualsiasi cosa venga detta. Accettare non vuol dire
condividere, ma dare spazio. E’ abbattere le aspettative riguardo ai
cambiamenti degli altri, è rendere fiducia e responsabilità all’”altro”, in
questo caso il cliente.
Sospendere => ogni tipo di
giudizio per avvicinarsi all’alterità del cliente significa anche riconoscere
le proprie emozioni di counselor derivanti dalla relazione; significa ad
esempio accogliere la propria rabbia di fronte alla
paura altrui, ammettere la propria paura quale specchio di una rabbia esterna,
riconoscere in sè la tristezza sperimentata a cospetto della tristezza o paura
dell’interlocutore. Sospendere il giudizio implica, essere pienamente
consapevoli dei propri valori, convinzioni, idee ed opinioni.
Comprendere => le emozioni e i sentimenti senza utilizzare i nostri
filtri e senza farsi coinvolgere, che conduce
a riconoscere l’altro per ciò che è, vale a dire a definirlo al di fuori di
ogni proiezione del proprio mondo nel suo di cliente.
Osservare => anche tutti gli aspetti non verbali che aiutano a
comprendere meglio cosa c’è dietro alle parole. Anche quando stiamo zitti, abbiamo un corpo che “spiffera”
continuamente quello che pensiamo o proviamo. Non c’è parte di noi che non
comunichi qualcosa: perfino la direzione dei piedi o la loro postura o il
colorito dell’addome possono tradire dei messaggi. Naturalmente, ci sono parti
più chiacchierone e parti meno espressive; al riguardo, sicuramente la “palma”
dell’esuberanza spetta al volto: una miriade di muscoli possono animarsi per
dare luogo ad un’espressione e segnalare le più’ sottili sfumature di un’emozione.
Lealtà => nell’espressione del proprio sentire. Restare se
stessi. Non fingere per far piacere a chi parla. Ciò che si raccomanda è di non fingere di capire quando non
si capisce; o viceversa di fingere di non capire ciò che non è in sintonia con
idee personali.
Tollerare=>le differenze individuali, le frustrazioni, le
ambivalenze , il conflitto e l’elasticità nei comportamenti guardando ad essi
con dedizione ed accoglienza poiché fanno parte dello stupore del mondo.
Offrire => se stessi come specchio delle emozioni che hanno
bisogno di venire fuori: Offriamo
la possibilità al cliente di esternare i
vissuti personali senza che essi modifichino la ricettività pulita ed
equilibrata del nostro essere counselor. L’insegnamento rogersiano sulla congruenza,
ossia la capacità del counselor di rispondere al cliente in modo coerente con
le proprie sensazioni ed emozioni, tollerando l’errore, la distrazione o la
possibilità di non aver compreso, consentono alla sua funzione specchiante di
rendersi compatta, ossia priva del rischio che la propria “maschera
professionale” e la sua intolleranza verso l’errore diventino arma di
distorsione di questo specchio, che potrebbe restituire al cliente un’immagine
di Sé errata.
GUARDATI
DA CHI HA SEMPRE UN CONSIGLIO PER TE
Chi chiede
ascolto ha bisogno di trovare uno spazio in cui potersi esprimere e quindi
indagare il proprio sè interiore. Quasi
sempre non ha bisogno di consigli, suggerimenti, giudizi, incoraggiamenti, ha
bisogno semplicemente di sapere che esiste qualcuno che lo accetta esattamente
per quello che è, è pronto ad accoglierlo
e non vuole cambiare nulla di lui. Solo in questo setting, luogo di
ascolto, accogliente il cliente sperimenterà la possibilità di decidere un
percorso di autoconoscenza per prendere contatto, conoscere e valorizzare le
proprie risorse interne.
BIBLIOGRAFIA:
Il
Counseling nella relazione d’aiuto, di S. Murgatroyd, ed. Sovera
L’arte di
aiutare, di Robert Carkhuff, ed. Erickson
L’arte del
counseling, di Rollo May, ed. Astrolabio
Guida al
Counseling, di Meier & Davis, ed. Franco Angeli
Terapia
centrata sul cliente, di Carl Rogers, ed. La Nuova Italia
Gazda,
Sviluppo delle relazioni umane, Ifrep, Roma 1991;
Giusti,
Locatelli, L’empatia integrata, Sovera, Roma 2000;
Giusti,
Lazzari, Psicoterapia interpersonale integrata, Sovera, Roma 2003;
Giusti, la
clinica del transfert in psicoanalisi e in psicoterapia del gestalt, Ed Kappa,
Roma 1991;
Rivista
Integrazione nelle psicoterapie e nel counseling, n 9/10- 2001;
Scilligo,
Io e tu, Vol I, Parlare capire e farsi capire, Ifrep, Roma 1991;
Scilligo,
Io e tu, Vol II, Ascoltare rispondere e cambiare, Ifrep, Roma 1993.
Gabriella
Costa http://ri-trovarsi.myblog.it/2009/04/16/counseling-batte-il-cuore-ma-non-vissi/
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